Afghanistan - Storia e società

Terra di conquista e di glorie passate
La storia della nazione non ha più di due secoli, ma nel corso del suo passato il paese ha contribuito alla grandezza di molti imperi dell’Asia centrale. Tra il 1220 e il 1223 Gengis Khan devastò la regione riducendo le principali città a cumuli di macerie. Riparati i danni, attorno al 1380 la regione fu nuovamente distrutta da Tamerlano, il cui regno diede inizio alla fiorente era timuride, nella quale la poesia, l’architettura e la pittura delle miniature raggiunsero l’apice della propria espressione artistica. Il quarto figlio di Tamerlano, Shah Rukh, fece costruire santuari, moschee e madrase in tutto il Khorasan da Mashad, nel territorio dell’odierno Iran, fino a Balkh. Herat continuò a prosperare con il sultano Hussain Baykara (morto nel 1506) e in quest’epoca diede i natali a grandi poeti dell’Asia centrale quali Jami e Alisher Navoi. L’ascesa dell’impero moghul riportò il territorio alle glorie del passato. Nel 1512 Babur scelse come capitale Kabul, ma con l’avanzata verso l’India ne fece un’area periferica. Nel 1774, mentre le truppe europee minavano l’influenza dei moghul, fu fondato il regno dell’Afghanistan.

Il Grande Gioco britannico
Se il XIX secolo fu segnato dai contrasti con i britannici, che temevano che i loro turbolenti vicini potessero influire negativamente sulla grande colonia indiana. La tensione scoppiò in sanguinose guerre spesso combattute con pretesti poco fondati. Nella prima, durata dal 1839 al 1842, la guarnigione britannica fu quasi completamente annientata: di 16.000 uomini ne sopravvisse soltanto uno. Gli inglesi riuscirono poi a rioccupare Kabul e la devastarono per dare prova della loro forza. L’Afghanistan accettò di diventare una sorta di protettorato britannico, acconsentendo a versare un pagamento annuale e ad avere un funzionario inglese a Kabul, ma non appena la missione diplomatica venne stanziata nella città, tutti i suoi membri furono assassinati. Questa volta gli inglesi decisero di mantenere il controllo degli affari esteri, lasciando le questioni interne agli afghani. Nel 1893 l’Inghilterra tracciò i confini orientali lungo la cosiddetta Durand Line, facendo sì che molte tribù pashtun si ritrovassero nel territorio dell’odierno Pakistan. Questo è causa di un conflitto afghano-pakistano che si protrae da anni ed è la ragione per cui gli afghani chiamano Pashtunistan la parte occidentale del Pakistan.

L’arrivo dei Russi e la reazione dei mujaheddin
A partire dalla prima guerra mondiale i commerci del paese si orientarono sempre più verso l’Unione Sovietica, che forniva aiuti economici superiori a quelli del mondo occidentale; l’unico settore in cui l’Occidente esercitava una massiccia influenza era quello del turismo. La monarchia decadde nel 1973 mentre il re si trovava in Europa e dopo la rivoluzione filosovietica del 1978, l’Afghanistan precipitò nel caos. Il suo governo filocomunista e antireligioso era inviso ai movimenti popolari islamici dell’Iran e del Pakistan e ben presto le turbolente tribù afghane gli mossero guerra. Una seconda rivoluzione portò alla nascita di un regime ancora più orientato verso l’Unione Sovietica, a cui seguì un periodo di anarchia. L’URRS decise di intervenire e dopo una rivoluzione ‘popolare’, nel 1979 fu installato a Kabul un governo fantoccio sostenuto dall’esercito sovietico. Venne invocata la jihad (guerra santa) islamica e sorsero sette fazioni di mujaheddin. I sovietici si trovarono presto impantanati in quello che è stato definito ‘il Vietnam della Russia‘. Nonostante l’Unione Sovietica fosse avvantaggiata dalla vicinanza geografica, che facilitava i rifornimenti, dall’assenza di una protesta organizzata in patria e dalle divisioni interne del nemico, i mujaheddin afghani erano determinati quanto i Viet Cong. La guerra si trascinò fino agli anni ’80. I guerrieri delle tribù afghane continuarono a essere disorganizzati e male addestrati, ma la loro determinazione e il loro indubbio coraggio iniziarono a essere sostenuti da una dotazione di armi moderne: la CIA spese fino a 700 milioni di dollari all’anno nel conflitto, con una delle più vaste operazioni segrete della sua storia. Ben presto i sovietici si ritrovarono ad avere solo il controllo delle città, che rimasero progressivamente isolate a causa delle imboscate ai convogli stradali e dei missili lanciati contro gli aerei. Alla fine degli anni ’80 la perestroika di Gorbaciov consentì al popolo russo di esprimere il proprio parere: la gente voleva la fine della guerra. Il conflitto con l’Afghanistan era costato la vita a 15.000 Sovietici, aveva provocato un’ondata di nazionalismo nelle repubbliche dell’Asia centrale e contribuito al crollo dell’URRS. Più di un milione di afghani avevano perso la vita nella guerra e 6,2 milioni di persone, più della metà del totale dei profughi di tutto il mondo, avevano lasciato il paese. L’Afghanistan era ancora una volta ridotto a un cumulo di macerie.

L’Islam dei talebani
Il ritiro delle truppe sovietiche, nel 1989, indebolì il governo del presidente Najibullah, che godeva dell’appoggio dei russi. Nel 1992 fu estromesso dal potere e a Kabul scoppiò un conflitto tra le fazioni mujaheddin rivali. I contrasti tra i guerriglieri continuarono, arrecando più danni di quanto avesse fatto l’occupazione sovietica, ma i rivali furono costretti ad allearsi nel marzo del 1996 in seguito agli straordinari successi militari di un gruppo di combattenti islamici chiamati talebani, di etnia pashtun (‘talib’ è un termine pashto che significa ‘studente religioso’ o ‘colui che cerca la conoscenza’) e appoggiati dal Pakistan. I talebani riuscirono a controllare più del 90% del territorio afghano. L’unica resistenza significativa era quella del mujaheddin tagiko Ahmed Shah Massud, ma lo assassinarono nel settembre 2001, qualche giorno prima degli attentati al World Trade Center di New York e al Pentagono.
Accusato dal mondo occidentale di ospitare colui che è ritenuto il principale responsabile, Osama bin Laden, il paese venne bombardato a partire dal 7 ottobre dello stesso anno da aerei statunitensi e britannici. Il 13 novembre le truppe d’opposizione (l’alleanza del nord) occuparono la capitale mettendo in fuga i talebani, che si arresero il 17 dicembre, aprendo le porte di Kabul il 20 dicembre alle forze di pace internazionali. Il 22 dicembre venne eletto il nuovo capo del governo provvisorio,Hamid Karzai, che è oggi il presidente di un paese ancora lontano dalla tranquillità e dalla pace.

Multietnicità: da ricchezza culturale a problema sociale e politico
L’Afghanistan è sempre stata una terra di passaggio. La sua composizione multietnica è sempre stata un’importante fonte per la ricchezza culturale del paese, ma è anche un problema per la vita sociale e politica di alcune etnie. Le stesse superpotenze straniere hanno approfittato delle differenze tra clan per creare tensioni e agevolare i propri giochi di potere. A prevalere su tutti, dal 1747, sono i Pashtun, che vivono in maggioranza nel sud del paese, sono musulmani sunniti e parlano Pashtu. Gli Hazaràabitano invece le regioni centrali e nonostante ebbero in passato una dinastia di imperatori, di fede zoroastriana prima, buddista dopo (di loro costruzione le imponenti statue di Bamiyan distrutte dai Talebani nel 2001), e infine musulmana sciita, sono stati spesso oggetto di aggressioni e violenze, fino a sfociare in atti di pulizia etnica a opera dei Talebani. Oggi, insieme a Tajiki e Uzbeki – che abitano le zone settentrionali del paese -, vivono come uomini di seconda categoria, senza poter godere pienamente dei diritti sociali e politici riconosciuti ai Pashtun.

Letteratura, arte e musica
L’Afghanistan è una delle regioni più ricche di testimonianze storiche e artistiche che risalgono fino ad alcuni millenni fa. La città di Bamiyan e la regione di Mazari Sharif sono considerate il centro della civiltà nazionale, dove si espressero i più grandi filosofi e poeti del tempo, come Mavlana Jalaladin Mohammad Balkhi, detto Rumi, oppure Aburahiam Alberom e Abuali Senai Balkhi. Qui vennero accolte anche le grandi religioni orientali dello Zoroastrismo e del Buddismo, lasciandoci le grandi statue rupestri di Budda, una alta 54 metri con il viso da uomo (detto Salsal) e l’altra alta 36 metri.
La musica in Afghanistan ha una lunga tradizione, arricchita da continui scambi e contatti culturali, linguistici e religiosi con i paesi vicini: Iran, India e stati dell’Asia centrale. Qui sono nate le antiche canzoni degli Ariya (che accompagnavano la preghiera), creando il genere musicale chiamato bakthari. Ancora oggi se ne suonano le note nelle regioni dell’Hindu Kush e se ne risente l’influenza nella musica delle regioni iraniane e indiane a confine, dove arrivò con le migrazioni dei religiosi.

Il cinema, a causa della guerra, non ha avuto un grande sviluppo. Addirittura sotto il governo dei Talebani era proibito.
Purtroppo 30 anni di guerra hanno messo a dura prova la popolazione. Molti tesori artistici sono stati venduti clandestinamente sul mercato mondiale e sembra che il popolo afghano abbia deciso di rinunciare al lusso dell’arte, per poter sopravvivere. Tuttavia nessun paese dotato di un patrimonio culturale così ricco e diversificato può cancellare o dimenticare le radici da cui è nato. Se e quando l’Afghanistan potrà nuovamente godere di un po’ di pace, saremo sorpresi dal contributo che saprà ridare alla cultura del mondo.